Lecce, capitale del Barocco

La città messapica Rudiae che diede i natali a Quinto Ennio, si trovava a circa 2 chilometri in direzione sud-ovest rispetto a Lecce. In epoca romana il centro viene spostato a Lupiae (probabilmente un sobborgo della città messapica Rudiae). Durante la loro permanenza, i romani donano alla città un teatro, un anfiteatro, il porto Adriano (San Cataldo, pochi chilometri ad Est, sul mar Adriatico) da cui partivano le navi cariche di prodotti salentini (vini e cereali) dirette a Roma.

In seguito al declino dell'Impero Romano, la regione viene annessa all'Impero Romano d'Oriente per cinque secoli. In questo periodo Lecce perde la sua centralità a vantaggio di Otranto, porto di collegamento con la capitale dell'Impero: Bisanzio (Costantinopoli, l'odierna Istanbul). Durante la dominazione orientale questo lembo di terra era territorio bizantino su territorio dell'impero d'occidente delimata dal limes grecurum. A quel tempo si diffonde nel Salento il rito greco introdotto dai monaci Basiliani che portarono la loro lingua, cultura ma soprattutto le tecniche di lavorazione dell'olio.

Ricondotta al rito romano dai Normanni, attraverso i secoli Lecce riacquista la sua importanza fino al periodo di Carlo V che diede nuovo impulso alle arti avviando una generale ristrutturazione dell'assetto urbano. Ed ora lo stile architettonico che si può ammirare nella capitale del Salento è il Barocco, qui sviluppatosi con metodi e soluzioni tanto originali da costituire uno stile a sé: il barocco leccese.

Con passi lenti si deve visitare questa città per ammirare visioni mozzafiato, esuberanti facciate in pietra leccese realizzate da vivaci scalpellini ed architetti come Francesco Antonio Zimbalo, Giuseppe Zimbalo, Gabriele Riccardi, Giuseppe Cino, Mauro ed Emanuele Manieri.

Tour

Partenza dall'Obelisco. Nel piazzale antistante Porta Napoli, si trova l'Obelisco edificato nel 1822 in onore di Ferdinando di Borbone. I bassorilievi su i quattro lati raffigurano gli stemmi dei circondari di Brindisi, Gallipoli, Lecce e Taranto. Sul piedistallo, il simbolo della Provincia di Terra d'Otranto: un delfino che addenta una mezzaluna. Il segno della rivincita della Chiesa di Roma sulla mezzaluna ottomana.

Porta Napoli. Realizzata nel 1548 per celebrare una visita, mai compiuta, di Carlo V fu edificata sull'antica porta San Giusto uno degli antichi portaggi (quartieri) di Lecce che oltre a San Giusto comprendeva Rugge (odierna Porta Rudiae), San Biagio e San Martino (di questa porta non restano più tracce in quanto distrutta nell'800, si trovava in fondo all'attuale via Matteotti ed era la strada che portava alla marina di San Cataldo). Accanto a Porta Napoli una linea sul basolato delimita il tracciato delle mura di fortificazione prima messapiche (sec. IV - III a.c.) e poi aragonesi. Ma già quelle messapiche insistevano su precedenti necropoli, come dimostrato dal ritrovamento della tomba di un bambino di 8-10 anni, venuta alla luce durante gli scavi del progetto "Lecce sotterranea".

Ora, superata la Porta, imbocchiamo a destra via Palmieri e subito ecco l'ottocentesca chiesa di Santa Maria della Porta. In stile neoclassico, fu ricostruita nel 1852 a pianta ottagonale con cupola decorata a piastrelle policrome. Lungo via Palmieri, sul lato a sinistra, prima Palazzo Guarini in stile rococò e poi il teatro Paisiello (1768) che conserva nel foyer il pianoforte verticale del tenore leccese Tito Schipa. Proseguendo al civico 42, il cinquecentesco Palazzo Palmieri. Nel giardino all'interno è stato rinvenuto un ipogeo messapico del IV secolo a.c. purtroppo non ancora acessibile al pubblico. Il sotterraneo, ricavato nella roccia, risulta composto da tre stanze funerarie disposte a croce intorno al vano centrale. Vi si accede da una scalinata con pareti ornate da due bassorilievi che raffigurano combattimenti e decorazioni di evidente ispirazione ellenistica (rami a volute che si dipartono da foglie di acanto). L'ingresso riserva una sorpresa: sull'architrave l'iscrizione è in lingua messapica.

Il palazzo ha una facciata in stile barocco su piazzetta Ignazio Falconieri dove sorge Palazzo Marrese. Adorabile realizzazione settecentesca attribuita all'opera di Mauro Manieri: morbide le linee delle quattro cariatidi e sui due lati dello stemma centrale, le "onde" scolpite ad incorniciare la mezzaluna del portale: "è un pulsare incessante che trasforma la solidità della pietra in acqua" (M.Praz).

Via Palmieri termina all'incrocio con Via Libertini ed ecco Piazza Duomo. Si deve entrare con molta calma e trattenere quel grido di gioia che sgorga spontaneamente da ogni animo sensibile al bello. Sulla destra il palazzo del Seminario costruito sul finire del 1600 ad opera dell'architetto Giuseppe Cino che riprese il bugnato sviluppato da Giuseppe Zimbalo nel palazzo ex Convento dei Celestini (nei pressi di Santa Croce). Il giallo oro della pietra leccese assume gradazioni struggenti nelle ore del tardo pomeriggio e in visione notturna con la suggestiva illuminazione. Il Cino ha realizzato anche il Pozzo all'interno del cortile del Seminario. È dedicato ai benefici dell'acqua e merita una visita. A sinistra il campanile (visibile da diversi punti della città), realizzato insieme al Duomo fra il 1659 e 1682 dall'architetto Giuseppe Zimbalo. Sulla punta una banderuola in ferro raffigura il santo protettore: Sant'Oronzo. Frontalmente la facciata del Duomo il cui ingresso principale, tuttavia, si trova sul lato a destra. Il Duomo, dedicato alla Vergine Assunta, è stato edificato su precedenti cattedrali: una del 1144 e l'altra del 1230. Da visitare la cripta che, come spesso accadeva nelle nostre chiese, è stata ricostruita su un corpo medievale preesistente. Infine fra il Duomo e il palazzo del Seminario, l'Episcopio, il Palazzo del Vescovo. Edificato sul finire del 1500, viene ristrutturato da Emanuele Manieri nel 1758 su incarico di Mons. Sozy Carafa.

Uscendo da PIazza Duomo svoltiamo a sinistra in via G. Libertini. Incontreremo la chiesa di S. Teresa e quella di S. Anna con l'attiguo ingresso al ex Conservatorio. Ancora più avanti il capolavoro con il quale Giuseppe Zimbalo concluse la sua vita d'artista e di uomo: la chiesa del Rosario. Qui l'artista è stato sepolto nel 1710. Il primo ordine con il portale fra due colonne scolpite con scanalature a spirale. L'uso delle linee curve per creare l'illusione dello spazio infinito, è ricorrente nel barocco leccese. Al centro la statua di San Domenico di Guzman e la parete alle sue spalle finemente lavorata. Il secondo ordine (a partire dalla ricca balaustra) con al centro la statua che raffigura la Vergine fra vasi di fiori. Accanto all'edificio l'ex convento dei Dominicani, oggi sede dell'Accademia di Belle Arti ed infine sul fondo di via Libertini intravediamo Porta Rudiae.

Torniamo sui nostri passi ed imbocchiamo a destra, via S. Maria del Paradiso: stiamo per addentrarci in quelle contrade denominate giravolte che, come il nome suggerisce, costituiscono un complesso ed intricato groviglio di stradine e vicoli: un gentile invito a smarrirci. Sì, perché nel Salento ci si deve perdere! Niente paura il campanile del Duomo indicherà la via del ritorno.

Seguiamo la via fino ad arrivare ad una cancellata: il giardino sul retro del Conservatorio di Sant' Anna. Edificato fra il XVII e XVIII sec. sull'antica residenza della famiglia Verardi, il Conservatorio fu destinato ad accogliere le nobildonne leccesi che volessero ritirarsi a vita privata. Ma il protagonista di questa storia è il secolare Ficus Magnoloides alto circa 15 metri. La chioma maestosa di un esemplare che qui ha evidentemente trovato un habitat ideale. Le volute del tronco sembrano scaturite da una mente visionaria, quella che partorì Il grido (1893) e diede il via all'espressionismo: Edvard Munch.

Ritorniamo sui nostri passi verso via Libertini e giù fino a piazza Sant'Oronzo: il cuore pulsante della città.

Accanto alla colonna con il santo patrono, una porzione dell'Anfiteatro Romano (I sec. d.c.) riportata alla luce all'inizio del 1900. Fino ad allora se ne era persa memoria e sull'area insistevano edifici adibiti ad attività mercantili. Infatti questa era chiamata piazza dei mercanti o piazza civica (per distinguerla da quella sacra, piazza Duomo). L'asse maggiore di 102 metri e quello minore di 53, l'arena per i giochi e combattimenti misura 53 per 35. Poteva contenere migliaia di spettatori. I grandi pilastri che reggono il porticato del grande corridoio anulare esterno, fanno supporre che probabilmente si sviluppava su più ordini.

La colonna di Sant'Oronzo ha il capitello ed il fusto di fattura romana. Si tratta infatti di una delle due colonne gemelle (l'altra è a Brindisi) che delimitavano il termine della via Appia. Iniziata nel 1660 in onore del protovescovo Oronzo per aver protetto la città dalla peste del 1656 venne ultimata nel 1686 dopo una lunga pausa. In realtà Sant'Oronzo viene promosso a protettore della città nel 1658 ad opera del vescovo Pappacoda. Il santo passa in primo piano prendendo il posto di Sant'Irene (precedente patrona della città) che viene così declassata, anche se, sulla chiesa a lei dedicata, campeggia lo stemma cittadino: una lupa sotto un albero di leccio coronato.

Attraversiamo piazza Sant'Oronzo, imbocchiamo vico Fedele in direzione di piazzetta Riccardi e da qui ancora a destra. Ecco la gemma preziosa della città di Lecce: Santa Croce. Illuminata dal caldo sole del sud sullo sfondo di un cielo azzurro, la pietra leccese scolpita come se non fosse pietra, di un colore tra il bianco crema e il dorato prende la forma della meraviglia. La costruzione della Basilica è avviata nel 1549 su progetto di Gabriele Riccardi che realizzò il prospetto inferiore fino al 1570. Nel 1582, anche se incompleta la chiesa fu consacrata. Nel 1606 la direzione e i lavori passarono a Giuseppe Zimbalo, che realizzò i due portali laterali e l'arco sorretto da colonne binate sul portale centrale. La parte superiore con il magnifico rosone centrale è stata realizzata da Cesare Penna su disegno dello Zimbalo. Gli artisti non hanno saputo resistere alla tentazione di ritrarsi mimetizzando i loro volti nelle decorazioni. Notevoli le cariatidi grottesche di sicura ispirazione medievale. Da notare la lupa romana (la seconda a partire da sinistra) ed Ercole che indossa una pelle di leone (il quinto partendo da sinistra).

patrizia

 

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Obelisco

Obelisco di Lecce

Palazzo Marrese

Le cariatidi

Ficus Magnuloides

Ex Conservatorio di S. Anna

Santa Croce

Facciata di Santa Croce